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Museo - COLLEZIONE ARCHEOLOGICA

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La sezione archeologica del Complesso Monumentale San Pietro accoglie numerosi reperti provenienti dalla Collezione Struppa e da indagini archeologiche condotte negli anni dell’immediato dopoguerra in diversi settori della città; i materiali si inquadrano agevolmente nell’ambito di classi ben note a Lilibeo (sia dall’area urbana sia dalle necropoli) e, per quanto purtroppo privi di indicazioni in relazione ai contesti stratigrafici di rinvenimento, risultano significativi per la ricostruzione della vita dell’antica città nell’ampio arco cronologico compreso tra il IV secolo avanti Cristo e il III secolo dopo Cristo.

Il percorso espositivo, supportato da adeguato apparato didattico (pannelli illustrativi e didascalie), si snoda attraverso tre sale: nella prima sono esposti i materiali provenienti dalle necropoli; la seconda comprende un ampio settore dedicato alla ricostruzione della “vita quotidiana”; la terza, infine, accoglie otto epigrafi onorarie latine.

I reperti cercamici costituiscono la classe maggiormente rappresentata e provengono in massima parte da corredi funerari.

All’interno della collezione risulta bene attestata, nelle diverse varianti tipologiche, la ceramica di produzione locale (ceramica comune): si distinguono brocche, piatti, scodelle biansate, olle munite di coperchio; questa ultima forma è peraltro sovente utilizzata come vaso cinerario, insieme a brocche di grandi dimensioni e anfore sigillate da pietre sbozzate.

Meno numerosa la ceramica a decorazione dipinta: l’esiguo gruppo di materiali riconducibili a questa classe comprende soprattutto anfore domestiche e brocche di piccole dimensioni.

Gli unguentari, acromi o a decorazione dipinta, nelle diverse articolazioni tipologiche costituiscono la classe meglio rappresentata dal punto di vista numerico: sono inoltre attestate tutte le varianti note dai contesti funerari lilibetani (ove se ne registrano fino a dieci esemplari in un’unica tomba); se certamente riconoscibile un’ampia produzione locale, non mancano esemplari importati. Non è accertato il luogo di origine di questo caratteristico vasetto per profumi: forse la Siria o Alessandria, in considerazione dell’importanza assunta dal porto della città nel bacino del Mediterraneo orientale e del fatto che vasi della stessa forma non fossero estranei alla tradizione egiziana probabilmente la circolazione e l’esportazione dei reperti va posta in relazione anche ai centri di produzione, di difficile identificazione, dei preziosi unguenti e profumi in essi contenuti.

La ceramica da fuoco è rappresentata da tegami biansati, forniti di coperchio, e da olle monoansate, di impasti diversi, che trovano confronti in tipi noti dalla necropoli punica di Palermo.

I reperti a vernice nera, riconducibili essenzialmente a produzioni locali, anche se non mancano esemplari di importazione (Campana A), comprendono coppette, piatti da pesce, olpette, skyphoy, lekanai, lucerne.

Tra gli oggetti metallici si segnalano strigili di bronzo o di ferro (adoperati per la pulizia del corpo), che generalmente contraddistinguono deposizioni maschili, mentre nei corredi destinati alle donne compaiono specchi di bronzo, oggetti da toeletta (aghi crinali, spatole), ma anche aghi di bronzo e pesi da telaio.

Le terrecotte figurate raccolgono ripropongono motivi noti nella produzione coroplastica lilibetana (statuette di Eros, protomi leonine, anse di braciere a decorazione zoomorfa o a testa di Sileno, statuette femminili note come ”tanagrine”, maschere teatrali): si distingue una elegante figurina di danzatrice (fig.1), purtroppo mutila della testa e della parte inferiore, che sembra trovare confronti diretti con produzioni tarantine di età tardo-ellenistica.

Ancora ad ambito funerario sono da ricondurre urne in pietra a cassetta cava (fig. 2), chiuse da un coperchio a doppio spiovente, munito di acroteri in corrispondenza degli spigoli superiori, con gradino interno per l’incasso: nelle necropoli lilibetane cassette litiche sono state rinvenute prevalentemente entro tombe a pozzo. Connesse al rituale funerario dell’incinerazione, ripreso in età ellenistica in tutto l’Occidente punico, le urne litiche a cassetta trovano ampia diffusione nel III sec. a. C. Il corredo era collocato all’interno delle urne sulle ceneri ancora calde.

Va segnalata all’interno della Collezione Struppa la presenza di un’edicola funeraria (fig. 3) , della quale rimane soltanto la parte superiore, costituita da un timpano triangolare a decorazione monocroma dipinta di colore rosso. Il reperto trova precisi riscontri nel noto gruppo delle tredici edicole rinvenute a Marsala nel 1895, delle quali rimane sconosciuto il luogo di ritrovamento, acquistate da Antonio Salinas per il Museo di Palermo, in particolare negli esemplari che presentano inquadramento architettonico preceduto da due colonne (a naiskos); sulle edicole complete, sulla parete di fondo, è dipinta una scena che vede il defunto sdraiato su kline porgere un’anforetta ad un’ancella; “segni di Tanit” e caducei, simboli religiosi di tradizione punica, sono dipinti all’esterno sulle colonne. Iscrizioni in greco riportano il nome del defunto. Le edicole erano verosimilmente collocate con funzione di epitymbia (segnacoli) su sepolture monumentali. In assenza di dati di scavo la datazione risulta di incerta definizione (II-I sec a.C. o I sec. a.C. - I sec. d. C.).

Il materiale epigrafico comprende un gruppo di anse anforarie bollate, in massima parte riconducibili ad anfore rodie, anfore greco-italiche (rappresentate anche da alcune esemplari di forma frazionarie) e rari graffiti in caratteri punici o greci.

All’interno della collezione sono conservate inoltre alcune iscrizioni latine provenienti da diversi settori della città antica: epigrafi onorarie riferibili a diversi periodi, preziose fonti di informazione su istituzioni locali, culti, opere pubbliche, sulle diverse magistrature cittadine e su personaggi che si distinsero per il loro operato nella storia della città.

 

Resti di intonaci parietali dipinti (fig 4) e di cornici in stucco (fig 5), a imitazione delle più preziose decorazioni marmoreee, provenienti probabilmente da una delle sontuose domus forse dall’area di Capo Boeo, capitelli e frammenti architettonici ricoperti di un sottile strato di stucco, costituiscono infine pregevole testimonianza della cultura architettonica dell’antica Lilibeo.

Rossana De Simone

(La collezione archeologica S. Struppa, da Lilibeo e il suo territorio. Contributi del centro Internazionale di studi Fenici, Punici  e Romani per l’archeologia marsalese,  pp.59-63)

 

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