Il monastero di San Pietro

Print

Il complesso monumentale di S. Pietro sorge sull'attuale via principale della città di Marsala, la Via 11 Maggio 1860. Erede, stante alle fonti storiche locali, di un più antico monastero di monache benedettine fondato da una pia donna lilibetana, Adeodata, meglio nota per la sua corrispondenza epistolare con Papa Gregorio Magno, era dedicato oltre che all'apostolo anche ai santi martiri Lorenzo, Ermete, Pancrazio, Sebastiano e Agnese. La sede originaria pare fosse ubicata sulla Via Frisella in corrispondenza della Chiesa di S. Spirito; nel 1418 l'abbadessa Pina vendette il complesso ai frati Domenicani, e tale data costituisce un terminus post quem dell'avvenuto passaggio nella sede attuale del monastero, anche se questo non aveva certamente l'attuale estensione e forma.

Tra i monumenti della città esso è certamente il più vasto, dal momento che occupa un ampio quadrilatero con il lato settentrionale irregolare, composto da elementi eterogenei per forma e fondazione che creano un originale quanto interessante palinsesto storico-architettonico. Sorge infatti tra le vie A. D'Anna e L. Anselmi Correale e la Viala Collezione archeologica "S. Struppa". 11 Maggio 1860 che ripercorrono il tracciato delle antiche strade di Lilibeo: le prime due gli stenopoi, cioè le strade Nord-Sud, e la terza una delle plateiai, cioè le strade principali Est-Ovest della città punica. Di questa persistenza topografica sono venute alla luce durante i lavori di restauro le tracce relative ad un selciato composto da basoli irregolari in pietra bianca di Trapani e ad alcune strutture murarie visibili all'interno di un vano del complesso, nell'area in cui oggi è ubicata

Le più antiche strutture dell'attuale complesso monumentale di S. Pietro, dove quasi certamente si erano insediate le monache benedettine prima della costruzione della chiesa, vero e proprio nucleo originale del monastero, sono visibili sulla Via A. D'Anna in un organismo turriforme retrostante le absidi della chiesa e nei due bei portali archiacuti a lunghi cunei (già con cornice aggettante ora risecata) del XIV secolo. Questi due portali consentivano l'accesso al primitivo nucleo del monastero; successivamente, con l'ampliamento delle strutture protrattosi nei secoli successivi, vennero realizzati altri due ingressi nessuno dei quali in uso nel nuovo organismo risultante dai lavori di restauro: il principale sulla via 11 Maggio è in corrispondenza di uno dei vani dell'attuale Biblioteca comunale; il secondo, riservato all'area di servizio e accessibile dalla Via Correale afferisce ad uno di vani della Collezione archeologica. Quest'ultimo è stato infine sostituito dall'attuale ingresso moderno nell'angolo meridionale, più vicino alla piazza principale della città.

La chiesa, ad unica navata, è un originale fondazione cinquecentesca che deve il suo attuale volto a rifacimenti barocchi specie nelle pitture della volta dipinte dal trapanese Domenico La Bruna, oggi in gran parte scomparsi a seguito dei danni del bombardamento dell'11 maggio del 1943. Particolarmente eleganti risultano il sobrio portale principale (1569) e il sovrastante singolare rosone con balaustri disposti a raggiera, mentre le due facciate laterali sono segnate superiormente da una bella merlatura continua.

Contemporaneo alla costruzione della chiesa sembrerebbe il grande corpo centrale che a mo' di penisola si espande dal nucleo originale pressoché al centro della vasta corte interna: esso presenta al piano terra un grande vano con aperture sormontate da architravi scolpite di sapore tardocinquecentesco, coperto da una bella volta reale a padiglione. Il grande vano era usato in origine come refettorio ed ospita oggi un'aula di conferenze.

Seicentesca è l'ala intorno alla grande e irregolare corte che prospetta sulla Via 11 Maggio, mentre potrebbe essere del tardo Settecento la sua parte superiore, specie il loggiato con undici archi su pilastri che consentiva l'accesso alle celle delle suore. Al medesimo periodo sembra potersi attribuire anche l'originale torre belvedere d'angolo la cui mole domina il centro della città, soprattutto per quanto riguarda le elevazioni superiori a loggia e la copertura a cuspide piramidale che ricorda molto da vicino la copertura di Porta Nuova a Palermo. La torre belvedere definita specola, vale a dire vedetta, potrebbe essere stata realizzata successivamente alla demolizione di alcune case vicine effettuata per realizzare l'attuale Piazza Loggia, la nuova piazza principale della città, antistante il costruendo prospetto della Chiesa Madre (la cui posa della prima pietra risaliva a qualche tempo prima, il 1628), per consentire alle suore di clausura di assistere dall'alto alla vita dei concittadini, nascoste dalle gelosie in ferro battuto a petto d'oca.

La corte è segnata oltre che dalla mole dell'antico refettorio e del suo vano superiore anche dalla presenza di due singolari strutture tronco-piramidali accostate che coprono un vano posto nell'area di servizio del Convento: i camini delle cucine delle monache.

Enrico Caruso