Mozia

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Maria Luisa Famà (a cura di), MOZIA. Gli scavi nella “Zona A” dell’abitato, Bari 2002

Prefazione di Vincenzo Tusa

Quando nel lontano 1968 intrapresi l'esplorazione archeologica del centro abitato di Mozia iniziando da un luogo vicino al museo in cui G. Whitaker aveva già effettuato dei sondaggi di scavo, non potevo immaginare che la scoperta di un ambiente, da me definito "Casa delle anfore" per la presenza al suo interno di un grande deposito di anfore, sarebbe diventato il caposaldo delle future ricerche nell’abitato. Infatti quasi vent'anni dopo, la mia allieva, Marisa Famà, proseguiva le ricerche proprio a partire da quell'unico, isolato, ambiente, credo anche per portare a termine una ricerca che io avevo dovuto sospendere a malincuore . Ricordo che prima di iniziare i lavori, la studiosa mi parlò del suo progetto, cercando di coinvolgermi in questa ricerca (io non reggevo più la Soprintendenza Archeologica della Sicilia Occidentale ma insegnavo ancora Antichità Puniche all'Università di Palermo) con un entusiasmo che presagiva la determinazione e l'energia che avrebbe profuso in questo progetto.

Adesso, grazie a queste ricerche, abbiamo la possibilità di conoscere, anche se solo in parte, un quartiere dell'antico abitato di Mozia che ha dato risultati di notevole utilità per la conoscenza di questo importante sito fenicio-punico dell'Occidente mediterraneo.

 

I risultati delle ricerche condotte da M. L. Famà non solo in questo quartiere ma anche in altri settori dell'abitato (''Zona B"-"Zona E"), qui presentati nel contesto topografico dell'isola, sono di fondamentale importanza perché forniscono dati nuovi ed estremamente interessanti sulla forma della città, sulla diversificazione delle sue parti e sul tipo di impianto urbanistico, non ortogonale e certamente irregolare. Siamo in un luogo di origine levantina e questa irregolarità, tipica delle città vicino-orientali, la possiamo leggere, adesso, attraverso tratti stradali che seppur brevi, indicano diversi orientamenti e tracciati viari, talvolta non rettilinei.

Le ricerche archeologiche negli abitati antichi, che fino a pochi anni fa erano trascurate a favore delle indagini nelle necropoli e nei luoghi di culto o in edifici monumentali di altro tipo, sono adesso più frequenti perché finalmente si è diffusa la coscienza della necessità di studiare oltre alla topografia degli impianti urbani, anche gli aspetti della vita quotidiana, la cultura materiale ed i segni del passato più "umili" ma proprio per questo fondamentali per la conoscenza del livello economico, degli scambi e della circolazione delle merci nell'ambito delle società antiche.

I fecondi anni (ora in parte dimenticati) che verso la fine del Sessanta hanno visto nascere anche in Italia l'archeologia stratigrafica, i primi studi sistematici di ceramiche comuni ed una profonda trasformazione negli ambienti accademici sui metodi ed il fine dei nostri studi di Antichità, hanno dato i loro frutti.

La nascita della rivista Dialoghi di Archeologia, voluta e ideata da Ranuccio Bianchi Bandinelli e dalla sua scuola per costruire insieme ad altre componenti universitarie, di diversa formazione, un nuovo modo di fare ed intendere l'archeologia, ha costituito l'inizio di questo rinnovamento , che molti anni dopo approdava anche alle Norme Ministeriali con le quali finalmente venivano fissate le regole per la raccolta dei dati - razionale e scientifica - da effettuare nel corso degli scavi e dello studio dei materiali archeologici.

Queste regole sono state seguite dagli autori del nostro volume in modo esemplare e la grande quantità di dati raccolti sulla microstoria edilizia e sulla cultura materiale della "Zona A", che qui vengono presentati, aprono certamente un nuovo ed importante capitolo per la migliore conoscenza della storia di Mozia.

Il Centro Internazionale di Studi Fenici, Punici e Romani del Comune di Marsala non poteva non iniziare la propria collana di monografie archeologiche proprio da Mozia, in cui affondano le radici di Lilibeo. Siamo quindi partiti dalle origini, nello spirito che anima il Centro Studi: incentivare la conoscenza della storia di Marsala nell'ambito del contesto storico-culturale del Mediterraneo, mediante una serie di attività diverse, scientifiche e divulgative.

Fra i principali compiti del Centro Studi figura la collaborazione attiva con gli enti preposti alla progettazione ed alla direzione di un Parco Archeologico a Lilibeo e Mozia, ed il contributo più significativo in questo senso è rappresentato dalle campagne di prospezione geomagnetica che Giuseppe Pucci, in accordo con la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Trapani, dirige con regolarità annuale nell'area del Capo Boeo. Per mezzo del gradiometro a protoni in dotazione al Centro Studi, è stato possibile rilevare la presenza di strutture sepolte che consentono, oggi, di ridisegnare in parte la pianta di Lilibeo e di programmare, su basi più ragionate rispetto alle conoscenze ed alle ipotesi di lavoro del passato, sia le ricerche future sia la fisionomia dell'istituendo parco archeologico. Ma il Centro Studi ha anche attivato, in accordo con la Soprintendenza di Trapani, un progetto di schedatura integrale informatizzata di tutti i repe1ti scoperti nel corso degli scavi, vecchi e più recenti, di Marsala. Fra le varie altre iniziative previste dallo Statuto che regola l'attività del Centro Studi figurano, inoltre, cicli di conferenze annuali e convegni di studi archeologici e storici, la creazione di una biblioteca archeologica nella propria sede, presso il Complesso Monumentale San Pietro, l'assegnazione di borse di studio per tesi di laurea e di specializzazione su temi attinenti al proprio campo di attività, ed altre varie iniziative che hanno contribuito a valorizzare la fisionomia europea della bella e antica città di Marsala.

 

Il Centro Studi, fortemente voluto e creato nel 1999 dall'allora Sindaco, notaio Salvatore Lombardo, è gestito da un Consiglio di Amministrazione, che ho l'onore di presiedere, composto da: Antonella Spanò Giammellaro (Vicepresidente), Maria Luisa Famà Walker, Rossella Giglio, Maria Grazia Griffo Alabiso, Giuseppe Pucci e Gioacchino Aldo Ruggieri. Il Comitato Scientifico è composto da: Maria Eugenia Aubet Semmler, Carmela Angela Di Stefano, Gioacchino Falsone ed Elizabeth Fentress.